Istanbul, 20 set. (TMNews) - Le mire di affermazione sullo scacchiere internazionale della Turchia vengono riportate bruscamente alla realtà di un Paese dove resta alta l'emergenza terrorismo. Questa mattina, poco dopo le 11 ora locale, le 10 in Italia, una bomba è scoppiata ad Ankara, la capitale dello Stato moderno nato nel 1923: tre i morti, 34 i feriti, di questi tre in modo grave.
La rivendicazione dell'attentato non è ancora giunta, ma il ministro dell'Interno, Idris Sahin, ha detto che "molto probabilmente" si tratta di un attacco terroristico, dove la parola terrore è sinomimo di Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, che lotta per la creazione di uno stato indipendente curdo in territorio turco. Il Pkk di recente è tornato a minacciare il ricorso su larga scala alla lotta armata se la questione curda non verrà risolta una volta per tutte. Il nuovo attentato arriva tra l'altro mentre la Turchia minaccia un'incursione via terra nel Nord iracheno contro le basi del Pkk, che negli ultimi mesi ha moltiplicato gli attacchi nel Sud-est anatolico.
La pista dei militanti curdi sembra al momento l'ipotesi più accreditata, anche se manca una rivendicazione ufficiale, che il Pkk è solito inviare dopo i suoi attacchi.
L'attentato di questa mattina ha comunque almeno due forti valenze simboliche. La bomba infatti è esplosa a Kizilay, nel cuore della capitale e a due passi dai principali ministeri. E' stato colpito, insomma, il cuore dello Stato turco con cui il Pkk ha ingaggiato una battaglia che va Avanti dal 1984 e che fino a questo momento è costata oltre 45mila morti. Inoltre, l'ordigno è esploso quando le due figure più significative dello Stato, il Presidente della Repubblica Abdullah Gul e il premier Recep Tayyip Erdogan, erano all'ester. Il primo si trovava a Berlino, a ribadire quali sono le condizioni della Turchia per l'ingresso in Europa. Il capo del governo era a New York, a ricoprire il ruolo del grande mediatore mediorientale in vista della richiesta di riconoscimento della Palestina all'Onu.
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